I «QUADERNI DEL RIBELLE»: TRACCE PER UNA LETTURA TEMATICA

di Rolando Anni
Archivio storico della Resistenza bresciana e dell’età contemporanea, Università cattolica del Sacro Cuore, Brescia

Gli undici fascicoli che tra il giugno 1944 e il febbraio 1945 uscirono come emanazione diretta de «il ribelle», dopo la cattura di Teresio Olivelli il 27 aprile del 1944, rispondevano ad un’esigenza che il gruppo promotore del giornale clandestino, in primo luogo Claudio Sartori e Enzo Petrini, sentiva come fondamentale.

La ribellione al fascismo non poteva, infatti, ridursi unicamente a uno scontro armato con i neofascisti di Salò e con i tedeschi, ma doveva tradursi, in primo luogo e nella linea indicata da Olivelli, in una profonda rivolta morale contro il fascismo. Costruire una nuova società civile significava edificarla su valori assolutamente “altri” rispetto agli anni del fascismo.

Cosa, dunque, di meglio o di più adatto per svolgere questo compito che una serie di riflessioni sulle questioni più impellenti del presente, ma soprattutto del futuro? Non a caso, sette degli undici fascicoli pubblicati guardavano al periodo, carico di grandi speranze ma anche di inquietudini e di preoccupazioni, che sarebbe seguito al ventennio fascista.

I primi due riprendono per intero due articoli di Laura Bianchini pubblicati sul n. 4 del 10 giugno 1944 e sul n. 5 del 19 giugno 1944 de «il ribelle». Una decisione che fu probabilmente dettata dal fatto che i due interventi (Libertà e Uomo e ordine sociale) erano considerati di particolare rilievo ideologico, e in quanto tali da pubblicare e diffondere nuovamente.

Nei diversi contributi emergono delle linee comuni. In primo luogo la convinzione che «lo Stato autoritario, a qualunque ideologia si ispiri, rappresenta una violazione della dignità della persona umana […]; lo Stato autoritario pretende porsi come assoluto e sostituirsi alla legge morale […] negando in tutto o in parte quei diritti che sono essenziali alla dignità della persona umana, e senza i quali non esiste sostanzialmente persona» (Laura Bianchini, Libertà).

In questa prospettiva, il fascismo diviene «una fenomenologia dell’errore e del male che si dilata in tutti i campi, e che contamina la vita politica, non meno di quella economica, del pensiero, dell’arte, della religione» e quindi un’«idolatria dello Stato-nazione, come realtà a sé, staccata dalla concretezza dei suoi cittadini e come volontà di fisica potenza» (Alberto Caracciolo, Il fascismo. La radice del suo errore e l’intima necessità del suo disfacimento).

Emerge in questi testi, con grande evidenza, una caratteristica propria dei redattori de «il ribelle», vale a dire l’impegno pedagogico nato dalla necessità dell’educazione della coscienza morale e politica di una generazione di giovani nata e cresciuta nel fascismo. È infatti necessario un forte impegno educativo per combattere i «mali acuti dell’individualismo e del disimpegno», che si sono rafforzati grazie «all’azione corruttrice del fascismo» (Enzo Petrini, Parole agli armati del popolo).

I “Quaderni” esprimono posizioni di grande interesse su diverse e rilevanti questioni.

Sui rapporti tra Stato e Chiesa, quando affermano che il cattolico «è nella situazione di obbedire a due autorità, di appartenere a due comunità» che possono entrare in conflitto. Per questo viene ribadito il giudizio positivo sui Patti lateranensi, che dovranno essere riconosciuti da tutte le forze antifasciste (don Giuseppe Tedeschi, La Chiesa e  lo Stato. Note per una volgarizzazione elementare).

Sulla politica economica, che rifiuta il dirigismo assunto dal governo fascista durante il ventennio, riconoscendo nel contempo l’impossibilità di tornare al liberismo. Infatti, l’intervento statale «ha lo scopo di integrare e correggere l’azione dei singoli affinché ogni cittadino, ogni famiglia riescano a risolvere il proprio problema economico in modo rispondente alla dignità umana». I lavoratori, da parte loro, devono limitare le rivendicazioni per tutelare i «legittimi interessi e non per fare chiassate politiche» (Franco Feroldi, Le condizioni economiche e sociali dell’Italia nel dopoguerra).

Infine, sulla necessità che, terminata la guerra, si debbano «regolare i vecchi conti. Non vogliamo sangue, e nemmeno confino e prigioni di fascista memoria. Ma vogliamo che dalla scena della politica italiana, dai gangli vitali della vita nazionale spariscano una volta per sempre tutti coloro che sono stati la causa prima delle sventure della patria» (Lionello Levi, Viaggio nell’Italia liberata).

 

Gli opuscoli pubblicati furono i seguenti:

  1. Don Chisciotte (Laura Bianchini), Libertà, giugno 1944, pp. 8;
  2. Don Chisciotte (Laura Bianchini), Uomo e ordine sociale, 1944, pp. 8;
  3. Alberto (Alberto Caracciolo), Il fascismo. La radice del suo errore e l’intima necessità del suo disfacimento, 1944, pp. 15;
  4. Guan (Giovanni Confalonieri), Insipienza di una politica economica, agosto 1944, pp. 16;
  5. Cecco (Franco Feroldi), Le condizioni economiche e sociali dell’Italia nel dopoguerra, 25 agosto 1944, pp. 16;
  6. Nino (Romeo Crippa), Considerazioni sul passato e sull’avvenire, 1944, pp. 16;
  7. Zenit (Enzo Petrini), Parole agli armati del popolo, 1944, pp. 16;
  8. L’uomo che passa (don Giuseppe Tedeschi), La Chiesa e lo Stato. Note per una volgarizzazione elementare, 10 ottobre 1944, pp. 14;
  9. Sancio Empörer (don Giacomo Vender), Un verso dell’inferno dantesco e lo spirito dell’in­ferno fascista, 31 ottobre 1944, pp. 16;
  10. Elle (Lionello Levi), I problemi del lavoro. La riforma della organizzazione sindacale, 1944-1945, pp. 16;
  11. Alessandro (Lionello Levi), Viaggio nell’Italia liberata, febbraio 1945, pp. 18.